Si tratta di una villetta commissionata da un medico di base per ospitare la propria famiglia e lo studio professionale. L’ubicazione nell’estrema e disgregata periferia ovest della città, in una banale lottizzazione in linea risalente agli anni Trenta ma completata vent’anni dopo, ha reso problematica l’individuazione, nel contesto, di elementi salienti cui riferirsi. La progettazione articola quindi con perizia una serie di citazioni ed evocazioni che permettono all’edificio di inserirsi nello sfortunato ambiente segnalando senza eccessiva arroganza la propria diversità. Se a nord un muro contrassegna con perentorietà il confine del lotto, enucleando l’oggetto architettonico, a sud il percorso verso il garage è sovrastato da un portico che si protende verso l’edificazione contigua, stabilendo un rapporto di prossimità più remissivo. L’accuratezza del disegno delle due facciate principali riordina con affettuosa ironia gli elementi architettonici disordinatamente dispersi nei prospetti delle costruzioni lungo la via, mentre l’alterità del disegno della copertura, a falda sul davanti e piatta sul retro dell’edificio, porta a sintesi l’eterogeneità di opzioni possibili, senza indicare priorità assolute ma instaurando un prezioso dialogo con il lacerato tessuto urbano circostante. |
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